Patrizio Patelli il pugile banchiere
Di Ezio Guidi, giornalista sportivo
Era l'autunno del 2001. Avevo appuntamento con il direttore dell'UBS di Bellinzona. Con elegante discrezione,
l'addetto alla ricezione indagò sul motivo della mia visita prima d'accompagnarmi all'ascensore che portava ai piani superiori.
Rimase lì di stucco, poco convinto che non fosse uno scherzo, quando raccontai che con il signor direttore volevo rievocare
i bei tempi della sua carriera pugilistica. Come molti impiegati, mai avrebbe pensato che quel cinquantenne, brizzolato, distinto ed elegante
alto dirigente avesse fatto a pugni in gioventù. Una storia che ci rituffava indietro di 30 anni. Patrizio Patelli "il Pugile banchiere"
ci riceveva nei suoi uffici. A gradevole contrasto con gli indispensabili computers dove si disegnavano i grafici dei movimenti in Borsa,
i colori di quadri d'autore. Lui, alla sua scrivania, "vestito" da "direttore" in distinto completo blu, ci regalò presto una simpatica
e vigorosa risata. Preparavamo un "amarcord" da proporre in una settimanale trasmissione televisiva. Avevamo provocato il suo buon umore
annotando che, contro la tradizione del mondo dei guantoni, sul volto che sprizzava simpatia, nessun segno di un passato da pugile.
Neppure il naso rotto. Dimenticando azioni ed obbligazioni, sfogliammo gli album dei ricordi.
Da ragazzo aveva frequentato campi di calcio e pallacanestro oltre a divertirsi pattinando e sciando. E' a 17 anni che, per curiosità, scruta il mondo del pugilato. Di quei tempi, la "nobile arte" era decisamente d'attualità. Caricava la sveglia per alzarsi alle tre di notte e sognare con le imprese di Cassius Clay. V'erano le mitiche sfide di Benvenuti e Monzon. La boxe svizzera s'inorgogliva per le imprese del piccolo Fritz Chervet. Nella modesta realtà di casa nostra, si "tirava" di boxe ad Ascona e Lugano. Quasi a rubare fotogrammi a "Rocco e i suoi fratelli", il pugilato d'Ascona si consumava nella penombra di un triste scantinato dell'asilo infantile. Punching-ball, s acco, specchi ed un rudimentale ring messi lì per pochi intimi. A gestire la passione ed insegnare i trucchi del mestiere l'allenatore Giuliano Mazzi ed il "papà" della boxe locale, Willy Horber, indimenticabile fondatore del club. L'allampanato Patelli aveva il "physique du rôle" ed un talento innato. Pochi mesi e nel maggio del 69 il vittorioso primo incontro. Emilio Broggini, giornalista con addosso la passionaccia per il pugilato, scriveva: "Boxe elegante, nitida, ragguardevole potenza. La sua conformazione morfologica è un dono della natura. Il tutto accompagnato da intelligenza e bravura." Dopo i primi incontri, dimentica per qualche mese il ring e per completare gli esami alla scuola di commercio con il secondo miglior risultato. Tornava poi ad incrociare i guantoni da protagonista con la stessa cocciuta volontà di riuscire, investita nella carriera di banchiere.
Nel dicembre del 1970, a 19 anni, è campione svizzero "speranze". Inanellando numerose vittorie e ben poche delusioni (in carriera: 25 incontri con 20 successi, 2 pari e solo 3 sconfitte), nel 72, ad Yverdon, nella massima categoria, è campione svizzero. Tre rounds, 9 minuti, da inquadrare. Agile, calmo, lucido sul quadrato, contro il "mastino" 33enne del B.C. Brugg Karl Schüpbach, grazie ai colpi di rimessa ha buon gioco contro l'irriducibile argoviese che, nella seconda ripresa, è contato sino all'8 dopo una raffica di colpi che lo aveva mandato ad abbracciare le corde. Patelli, dava al Ticino, il primo titolo di campione nazionale. Un pugilato sempre ragionato ma anche una "castagna" tutta da temere. Erano i tempi anche di Vittorio Femminis paragonato a Mazzinghi, mentre Patelli amava ispirarsi a Benvenuti. Vinceva poi, ad Ascona, anche la rivincita con Schüpbach. Poi la convocazione in Nazionale e la selezione per i Giochi Olimpici di Monaco. Patrizio, con una pennellata di saggia modestia rinunciò considerando ancora prematuro una sfida tanto importante. Intanto altri tasselli s'aggiungevano alla sua carriera professionale. Chiamato a Zurigo ed in Germania, rinunciò a quella boxe che, prima di congedarsi, ci ricordava: "per me è stata anche un'importante scuola di vita."
Da ragazzo aveva frequentato campi di calcio e pallacanestro oltre a divertirsi pattinando e sciando. E' a 17 anni che, per curiosità, scruta il mondo del pugilato. Di quei tempi, la "nobile arte" era decisamente d'attualità. Caricava la sveglia per alzarsi alle tre di notte e sognare con le imprese di Cassius Clay. V'erano le mitiche sfide di Benvenuti e Monzon. La boxe svizzera s'inorgogliva per le imprese del piccolo Fritz Chervet. Nella modesta realtà di casa nostra, si "tirava" di boxe ad Ascona e Lugano. Quasi a rubare fotogrammi a "Rocco e i suoi fratelli", il pugilato d'Ascona si consumava nella penombra di un triste scantinato dell'asilo infantile. Punching-ball, s acco, specchi ed un rudimentale ring messi lì per pochi intimi. A gestire la passione ed insegnare i trucchi del mestiere l'allenatore Giuliano Mazzi ed il "papà" della boxe locale, Willy Horber, indimenticabile fondatore del club. L'allampanato Patelli aveva il "physique du rôle" ed un talento innato. Pochi mesi e nel maggio del 69 il vittorioso primo incontro. Emilio Broggini, giornalista con addosso la passionaccia per il pugilato, scriveva: "Boxe elegante, nitida, ragguardevole potenza. La sua conformazione morfologica è un dono della natura. Il tutto accompagnato da intelligenza e bravura." Dopo i primi incontri, dimentica per qualche mese il ring e per completare gli esami alla scuola di commercio con il secondo miglior risultato. Tornava poi ad incrociare i guantoni da protagonista con la stessa cocciuta volontà di riuscire, investita nella carriera di banchiere.
Nel dicembre del 1970, a 19 anni, è campione svizzero "speranze". Inanellando numerose vittorie e ben poche delusioni (in carriera: 25 incontri con 20 successi, 2 pari e solo 3 sconfitte), nel 72, ad Yverdon, nella massima categoria, è campione svizzero. Tre rounds, 9 minuti, da inquadrare. Agile, calmo, lucido sul quadrato, contro il "mastino" 33enne del B.C. Brugg Karl Schüpbach, grazie ai colpi di rimessa ha buon gioco contro l'irriducibile argoviese che, nella seconda ripresa, è contato sino all'8 dopo una raffica di colpi che lo aveva mandato ad abbracciare le corde. Patelli, dava al Ticino, il primo titolo di campione nazionale. Un pugilato sempre ragionato ma anche una "castagna" tutta da temere. Erano i tempi anche di Vittorio Femminis paragonato a Mazzinghi, mentre Patelli amava ispirarsi a Benvenuti. Vinceva poi, ad Ascona, anche la rivincita con Schüpbach. Poi la convocazione in Nazionale e la selezione per i Giochi Olimpici di Monaco. Patrizio, con una pennellata di saggia modestia rinunciò considerando ancora prematuro una sfida tanto importante. Intanto altri tasselli s'aggiungevano alla sua carriera professionale. Chiamato a Zurigo ed in Germania, rinunciò a quella boxe che, prima di congedarsi, ci ricordava: "per me è stata anche un'importante scuola di vita."